giovedì 26 settembre 2019

L'abbracciatona!

Uno dei giochi preferiti dai bambini dell'asilo, quando Bubi li va a trovare è l' "abbracciatona". 
Sotto gli occhi stupiti e divertiti delle maestre, i bambini si mettono in fila per ricevere l'abbraccio di Bubi, un saluto e un segno di affetto e di accoglienza, che i bambini chiamano "mi faccio prendere da Bubi": così lo raccontano a casa, Qualcuno furbetto e intraprendente fa il giro due o tre volte e a nessuno di loro è negato. Bubi è abituato a stare coi bambini: è primo di nove fratelli.  
La cosa è talmente apprezzata nelle famiglie che qualche nonna l'ha raccontato perfino ad alcuni amici, che vivono lontano.


Ricreazione alle scuole medie, dove Bubi insegna Religione. 
Bubi incontra nel corridoio un ragazzino di seconda particolarmente vivace e ribelle. Viene avanti abbracciato stretto stretto ad una ragazzina di terza, bellina che mai; d'altra parte anche lui è bello e conteso e non si nasconde.
Bubi lo ferma, lo saluta, "Vieni qui" e gli da un'abbracciatona.
 Lui, sorridente, acconsente, si abbandona, poi torna a fare ricreazione.
Alla faccia di chi tiene alla distanza fra allievi e insegnanti, di chi moralisticamente riprende spesso severamente i comportamenti del ragazzino intelligente e ribelle!
Un semplice gesto di affetto e di stima, di accoglienza, l'ha conquistato.


Chissà perché i bambini dell'asilo e i ragazzini "fiutano" chi vuole loro bene e cedono alla bellezza di un gesto sincero, molto più eloquente di tante parole e di tanti richiami?
D'altra parte quanti di noi, ormai vecchi, desidererebbero ritrovarsi di nuovo nelle braccia della mamma… Apparteniamo e desideriamo appartenere.


sabato 21 settembre 2019

Se qualcuno mai...

Se qualcuno mai si chiedesse da dove viene a Bubi la sua capacità di accoglienza verso ogni persona, che tutti gli riconoscono, posso in tutta serenità dichiarare che sua mamma lo era molto di più e da lei Bubi ebbe la prima scuola di fede.
Ella mi ha sempre accolto in casa sua con molta dignità e rispetto anche da ragazzo fino al punto di ringraziarmi per quello che facevo per suo figlio. Questo mi fece arrossire, perché se c'era chi doveva ringraziare, quello ero io. 

La cosa che mi colpì di più è che non era così solo nei miei confronti, in qualche modo persona "famigliare" da anni, ma la vidi accogliere con la stessa deferente attenzione uno sconosciuto calciatore del Rimini, che le avevamo "recapitato" all'improvviso io e Bubi (per compiacenza verso di me) in una fase "up" della mia malattia, per non dire di un ragazzo nero che, periodicamente, suonava al suo campanello, a chiedere qualche spicciolo o da mangiare e da lei mai respinto.
Se anche solo il nome di Bubi ha fatto sobbalzare un giudice, convincendolo a deporre qualsiasi dubbio in una decisione da prendere, personalmente ho sempre "rimproverato" a Bubi stesso di non essere all'altezza dei suoi genitori...

A ulteriore riprova che i santi  non sono solo quelli canonizzati dalla Chiesa, ma vivono in mezzo a noi, anche oggi, nascosti e sconosciuti ai più.


mercoledì 12 giugno 2019

La preferita della Lella

Nel giorno di Pentecoste si sono sposati Fabio e Giovanna.
Quest'ultima, conosciuta da Don Stefano (Bubi) fin da piccola e figlia di cari amici, era la preferita della Lella.
Ecco l'omelia prinunciata in questa occasione:

OMELIA DON BUBI 9/06/19 MATRIMONIO DI GIOVANNA E FABIO
Sono secoli che riminesi e non riminesi vengono in questa chiesa per pregare la Madonna e chiedere a lei le grazie che servono alla vita. Questa chiesa solo poco tempo fa era deserta, ora è piena di gente che è stata convocata, ci siamo dati appuntamento qui per essere testimoni, per partecipare a questo gioioso momento del matrimonio di Fabio e della Giovanna. Siamo tutti in festa per loro che si sposano davanti alla Madonna, davanti al suo sorriso di tenerezza.
La Madonna guarda così, a voi e a tutti i vostri cari: genitori, familiari, amici, parenti, tutti quelli che sono venuti da vicino e quelli che sono venuti da lontano; Elisabetta, la sorella di Giovanna è venuta dall’America. Giusto, per una cosa così grande vale la pena. Giovanna e Fabio… che bellezza e che storia! Solo alcuni cenni che mi sono venuti in mente quando mi siete venuti a chiedermi di sposarvi.
Tu Giovanna sei sempre stata la preferita della Lella (Gabriella Ugolini Zanotti, la sorella di don Giancarlo Ugolini, fondatrice e anima per anni delle scuole della Karis, le scuole frequentate da Giovanna. ndr.) fin da bambini. Questo è molto significativo e dice moltissimo, perché la Lella era davvero una persona speciale. Nel 2005 quando Cecco ed io andammo in America invitati ad un matrimonio di amici ci ricordammo che tu eri a Boston a studiare con la Francesca di Cattolica e ci siamo detti: dobbiamo andare a salutarla. Da New York sono cinque ore di treno siamo venuti ad abbracciarti… Non c’è male come legame!
Un altro accenno su Fabio che ho conosciuto direttamente negli incontri di preparazione al matrimonio. Mi ha colpito la tua franchezza, la ricerca del vero e vedo ora che il tuo sposarti in chiesa è carico di consapevolezza, di gioiosa commozione… Carissimi tutti quanti qui presenti: questa loro decisione provoca, in senso buono, tutta la mentalità odierna… “Ma vi sposate? Ma scherzate? Ma non vedete come va oggi? I tempi sono cambiati e il legame matrimoniale non dura. E poi vi sposate in chiesa? Ma non vedete quanti tornano a casa loro?”
Ecco, chi pensa così io penso abbia dentro di sé un certo dolore, che viene così e fa male al cuore e sono convinto che, sotto sotto, ha una segreta invidia. Una invidia buona, una segreta speranza, un irresistibile desiderio che, lo scetticismo più bieco non riesce a soffocare, non riesce ad allontanare. Ma che cos’è questo desiderio di cui Dio vi e ci ha dotato creandoci? Di che si tratta? E’ un desiderio di essere amati perdutamente e di amare con un amore vero che regga l’urto del tempo; un amore vero di tenerezza, di fedeltà, di misericordia. Eternamente. Voi col vostro essere qui oggi di fronte all’altare ridestate il cuore di molti. La consistenza del vostro amore non è tanto nelle vostre capacità, che pure ci sono,  ma in un dono donato. La solennità di oggi, la Pentecoste (non a caso avete scelto per il vostro giorno questa solennità) è l’accadimento improvviso di un dono dall’alto. Si tratta di una storia che viene da lontano.

Cinquanta giorni dopo la prima Pasqua, Gesù era già salito al cielo. Gli apostoli con la Madonna erano asserragliati nel cenacolo per “timore dei giudei”, avevano ancora paura. Pensate proprio loro che avevano incontrato Gesù, che erano rimasti affascinati da lui, che avevano visto i suoi miracoli e che la loro fiducia in Lui era cresciuta di giorno in giorno, loro che avevano lasciato tutto per seguirlo… Pietro era arrivato a dire a Lui che aveva chiesto loro: ‘Volete andarvene anche voi?’ “Signore da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna”. Loro lo avevano visto morire crocifisso e che era apparso loro resuscitato e uno di loro, Tommaso, aveva voluto toccare la sua ferita nel costato e il buco dei chiodi. E poi, davanti all’evidenza aveva detto: “Signore mio, Dio mio”. Loro che sono stati ancora con lui quaranta giorni dopo la resurrezione eppure erano ancora impauriti. Come mai? E perché stavano nascosti, come se quello che avevano vissuto, che avevano visto e udito, non fosse bastato? Come se ci fosse ancora qualcosa che mancava.

Sì, era proprio così. Infatti Gesù, salendo al cielo, li aveva avvertiti: “Io vado al Padre e il Padre vi manderà uno Spirito  Paraclito, che rimarrà con voi per sempre. Lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto. Avevano proprio bisogno di quel dono, dello Spirito Santo, per sé e per la loro vita, per tutti e per il mondo. E quel giorno, nel giorno di Pentecoste, quel dono è accaduto. “Durante quel giorno si trovavano tutti insieme e venne all’improvviso dal cielo un fragore, come un vento che si abbatte impetuoso e riempì la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco che si vedevano e si posavano su ciascuno di loro e tutti furono pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in tante lingue, nel modo come lo Spirito dava loro di esprimersi”. Avevano ritrovato una certezza nuova, una baldanza prima sconosciuta: un cambiamento divino nella loro impaurita umanità. E da quel giorno non ci fu più paura per loro ma un coraggio da leoni. Nella familiarità con quella presenza hanno riempito il mondo dell’annuncio cristiano. Che umanità nuova! Che gioia! Che amore al prossimo! Per voi due, Fabio e Giovanna, oggi accade la stessa cosa che investì gli apostoli.

Nel vostro matrimonio, nel vostro amore accade questa presenza divina: lo Spirito Santo come quel giorno agli apostoli (e la sequenza che abbiamo ascoltato cantata dal coro la esprime così bene). La presenza divina inonda di sé la vostra nuova famiglia col dono dell’unità, dell’indissolubilità, della fecondità, della paternità e della maternità. Tutto questo accade ora qui e cresce in un cammino, com’è stato per gli apostoli e per i testimoni che, secolo dopo secolo, hanno vissuto così fino ad arrivare ai nostri genitori e poi a voi e a noi.

Il cammino esprime una fedeltà alla storia, alla storia di amici perché la chiesa è la storia di questa amicizia che, da quel giorno di Pentecoste, miracolosamente attraversa la storia umana per arrivare al bisogno di ogni uomo. E’ stato il Signore che vi ha fatto incontrare, che ha fatto in modo che vi innamoraste l’uno dell’altro, che vi ha fatto intuire un ‘per sempre’ di questo amore, la fierezza di questo amore; ed ora siete qui da protagonisti, ‘arresi’ davanti all’altare.
Voi siete la luce che risplende in un tempo di caduta, di smarrimento e di paura.
Voi siete strumento della ripresa dell’umano nel mondo d’oggi.
Si può vivere alla grande oggi grazie alla presenza di fronte alla quale avete detto il vostro sì. Siate riconoscenti verso i vostri genitori che vi hanno accolto e fatto crescere con amore e non vi hanno distaccato dalla chiesa secondo la modalità con cui v’è venuta incontro.
                                               
“Veni Santo Spirito, vieni per Maria”.


lunedì 20 maggio 2019

Succede...

Succede che un bambino delle Elementari, abbandonato da Dio e dagli uomini, sia stato aiutato da una vecchia maestra in pensione, poi via via lungo le Medie accompagnato co fatica fino al tempo in cui le ragazze hanno il sopravvento  nel cuore e nella mente e, d fronte ad una semplice espressione algebrica, si sia chieda: "Ma che gusto c'è a fare il prete?"...

Succede che, davanti a un piatto  di tagliolini fatti in casa con sugo di scampi e di canocchie dalle dimensioni di un pagliaio appena fatto, delle coppie di sposi, navigati dal tempo e dalla povertà, si dicano: "I preti sono furbi, perché vivono bene e non devono combattere con le mogli..." "...e coi mariti" ribattono le donne e una giovane mamma sola, seduta a fianco a lui come Maddalena, gli chieda sincera: "Don, perché si è fatto prete? Cosa si prova dentro, cosa ha sentito?"

"So solo che, quando ero bambino, mi alzavo presto la mattina per fare i compiti e mia mamma anadava a Messa, all'Ospedale dove c'erano le suore col cappellone o a S. Chiara e, quando tornava, mi guardava e io la guardavo e vedevo la sua faccia lieta...e mio babbo era in America a fare il lavapiatti e io ero il più grande. 
L'ho capito solo il giorno che sono diventato prete; tutto mi è stato chiaro lì.
Ero geometra, lavoravo a San Marino, nell'Ufficio Tecnico e mi piaceva una ragazza...
E' un cammino, una cosa che avanza così, come tutte le cose, come una pianta che cresce.

Quel giorno ero qui, a tavola, e mio babbo era lì e mia mamma più in là e i miei fratelli attorno e io ho detto: "Babbo, vado nei preti" e mio babbo, accusando il colpo: "Betta (Antonietta), hai sentito cos'ha detto il tuo figlio?" e mia mamma: "Stefano, sei sicuro?" 
"Sì" e lei è stata zitta.
Mio babbo allora: "Ma uno non può essere un buon cristiano sposandosi?"
"Sì"
"E allora sposati!"
e io: "No", perché sentivo che quella era la mia strada, che Dio mi bastava: era l'intuizione della totalità, non Dio insieme a questo e a quello, Dio tutto, Dio basta.
"Ma allora chi si sposa?..."
"E' la vocazione degli sposi. Ognuno ha la sua vocazione. E' Dio stesso che chiama così. Ogni cosa è vocazione. Dio mi voleva e mi vuole così, prete; la mia famiglia è la Chiesa."

Io avevo vinto il Concorso pubblico a San Marino e il Commissario mi ha chiamato per dirmi che il posto fisso era mio, nell'Ufficio Tecnico del Governo, settore strade. 
Mio babbo mi aveva accompagnato quel giorno. La mia famiglia aveva bisogno, i fratelli più piccoli e portavo lo stipendio a casa.
Io risposi: "Non accetto, perché vado nei preti". Era il 1970. 
Il Commissario, cristiano, mi fa i complimenti e chiede a mio babbo: "Signor Vendemini, ha sentito suo figlio? Cosa dice?"
"Mio figlio è grande e sa cosa fa"
Avevo 21 anni.

Il Vescovo Biancheri fu grande. "Ti do io lo stipendio, finché tuo fratello potrà prendere il tuo posto".
150.000 lire al mese del '70! Perché la mia famiglia, allora 8 figli, potesse andare avanti.
Mantenne fede per un anno e mezzo, finché mio fratello Massimo potè lavorare al posto mio.

Tutto mi fu chiaro il giorno che divenni prete e tutto mi è chiaro adesso.
Il prete è l'uomo di Dio, un povero uomo come tutti, coi difetti e i peccati di tutti, che Dio chiama per tutti.
Dio è tutto, Dio basta e lo ricorda a tutti.
E non è questione di carattere o di simpatia.
Un uomo che lo ricorda a tutti: Dio basta, Dio è tutto"


sabato 5 gennaio 2019

Perché l'Italia vinse i Mondiali di calcio nel 1982

Nel 1982 un gruppo di amici comprendente alcuni preti e alcuni ragazzi decise di andare a vedere i Mondiali in Spagna.
Partimmo e giungemmo a Vigo in Galizia, chi con l'aereo, chi con l'auto.
Vedemmo tutte le partite dell'Italia nella prima fase del torneo: Polonia, Perù e Camerun.
Furono giorni belli e intensi; ma qui mi preme raccontare un episodio determinante, per quanto "strano".

Nei pochi giorni prima della partita con il Camerun, decidemmo di andare in pellegrinaggio a Fatima: era relativamente vicino. Attraversammo il confine con il Portogallo, giungemmo a Oporto, Coimbra ed infine Fatima.
La sera dello stesso giorno partecipammo alla processione che si svolgeva ogni sera nel piazzale antistante la Basilica. 
Furono invitati a portare la statua tre amici: Bubi ed altri due, con un'altra persona.
Andammo a dormire.
La mattina dopo, a colazione, Bubi mi disse: "Sai che grazia ho chiesto alla Madonna?" 
"Quale?" chiesi.
"La speranza per me e la vittoria dei Mondiali per l'Italia".
"Bubi, ma che razza di grazie chiedi? Ai limiti dell'impossibile!" esclamai.

Come tutti sanno, l'Italia era alla vigilia della partita con il Camerun, determinante ai fini del prosieguo del Campionato. Pareggiammo 1-1 e passammo al turno successivo solo per differenza gol. 
Nella stessa partita, Facchetti, che io stimavo grande, pur non avendo mai tifato per l'Inter, era seduto accanto a me in tribuna ed io gli chiesi cosa pensasse di una partita così strana, che fece pensare ai più anche la possibilità di una combine.
Tornammo in Italia, passando per i Paesi Baschi e fermandoci a Lourdes.

Eravamo passati, ma eravamo finiti nel girone con Argentina e Brasile, il fortissimo Brasile.
Dopo la partita con l'Argentina, Bubi, fiducioso, confermò la sua idea della vittoria dei Mondiali per l'Italia.
La partita "impossibile" con il Brasile, fu vinta in modo ancor oggi incomprensibile ai più; ma fu vinta!
Poi fu una cavalcata trionfale fino alla vittoria sulla Germania davanti al Re di Spagna e al Presidente Pertini. 
La Coppa fu nostra!
Nessuno l'ha mai scritto e nessuno ha mai saputo fino ad oggi perché la vincemmo.
In quel mattino portoghese, davanti ad un cappuccino ed una pasta, la fede di Bubi aveva convinto la Madonna e Lei lo aveva esaudito.

E' tutto vero!

Io volevo scrivere a Bearzot, perché si sapesse chi li aveva aiutati. 
Bubi non si espresse: la cosa era molto intima e non doveva essere buttata in piazza.

In silenzio, nei giorni della gioia collettiva, solo io sapevo chi aveva fatto vincere l'Italia in quell'estate del 1982, contro le previsioni ed i calcoli del mondo intero.
Negli anni lo raccontai solo ad alcuni amici stretti e ieri sera ad un carissimo amico brasiliano, che allora aveva solo 2 anni. 
In Italia e in Brasile, come mi è stato confermato dall'amico, ancora si chiedono come fu possibile che l'Italia avesse battuto un Brasile così eccezionale, come mai fino ad allora si era visto.
Ora lo scrivo per tutti quelli che leggeranno.
Non c'erano solo i nostri Undici, Bearzot, la panchina, gli accompagnatori e tutta l'Italia con loro: la Madonna aveva gentilmente acconsentito alla preghiera di Bubi...fino a Madrid!