lunedì 25 febbraio 2013

Barbara

Barbara è morta. Ha bevuto la varechina. Una bellissima donna giovane, un'amica, conosciuta da ragazza, quando era parroco a Gemmano. Bubi ha lasciato tutti gli impegni ed è corso a Morciano, nella chiesa dove dicono il Rosario ed oggi ci sarà la Messa. Moltissima gente, vecchi e nuovi paesani, amici, conoscenti. Il babbo arriva piangendo forte; Bubi gli va incontro abbracciandolo e confortandolo, poi siede davanti a lui, come gli è stato chiesto.
Una vecchia trattoria sulla strada verso Riccione. Entra da "Bafet". La padrona lo riconosce. Sono passati almeno 15 anni; è impossibile dimenticare gente che si stima. Parlano di tutto, della ragazza di Morciano, delle elezioni, della gente. L'ambiente è familiare. Un piatto di tagliatelle vicino al camino, un po' di prosciutto e un po' di vino. Sconto speciale per il prete ed un bicchierino omaggio. Si sta bene con persone così.
Bubi, come Gesù, non disdegna l'uomo, chiunque sia. 

sabato 23 febbraio 2013

Sinite parvulos...

Narrano i Vangeli che Gesù amasse molto la compagnia dei bambini e agli apostoli, che li consideravano importuni, dicesse: "Lasciate che i bambini vengano a me".
Le occasioni e le testimonianze più diverse per poter dire la stessa cosa di Bubi si sprecano. Non c'è bambino che avendo conosciuto Bubi, incontrandolo per strada o in qualsiasi altra occasione, non gli si pari davanti per salutarlo o per ricevere un abbraccio, una carezza e non li riceva con uguale affetto e con  dignità paterna.
E' commovente essere presenti in queste occasioni e guardare.
Bubi entra all'asilo; i bambini lasciano tutto e vanno da lui. Chi si ferma a piccola distanza chiamandolo ripetutamente come a dire "ci sono anch'io", chi lo abbraccia alle gambe, chi si lascia fare un complimento, chi soffiare il naso. Bubi ha imparato certamente nella sua famiglia: era il più grande ed erano in tanti: sa tenere in braccio i piccolissimi - sua mamma gli chiedeva un aiuto, col marito lontano... - la "tecnica" c'è; ma è il gesto a colpire: nessun imbarazzo, nessuna "legnosità", ricorda proprio l'atteggiamento di Gesù. Alter Christus anche in questo.

giovedì 21 febbraio 2013

Bubi entra in Seminario

A.D.1970 Tarda estate.
Due amici escono dal Seminario di Rimini dopo aver parlato con il Rettore don Aldo Amati. Seduto sugli scalini un ragazzo con la babussa (mento prominente) aspetta e pensa. Uno dei due, detto Giona, gli si avvicina e gli dice: "Sei Bubano? Anche noi entriamo in Seminario. Noi ci vediamo con don Giancarlo. Ti interessa?" Ruotato il busto di un quarto, lo sguardo rivolto all'insù verso chi lo interpella, Bubi risponde "Sì".
Comincia l'avventura. Quattro amici, Giona, Bubi, Mimmo e Cecco si ritrovano a studiare a casa di don Giancarlo e a stare con lui. Don Giancarlo viveva allora con sua mamma in un piccolo appartamento a piano terra: una stanza per la mamma, un saletta-studio e camera per lui, un piccolo bagno ed un angolo cottura sotto una scala; ma la vera casa per i quattro amici era il suo cuore e la sua amicizia, un vero palazzo per chi ha avuto la grazia di godere della sua compagnia. Misericordias Domini in aeternum cantabo... et mirabilia Eius.
In quegli anni il Vescovo di Rimini, Mons. Emilio Biancheri inviava a Roma i suoi seminaristi; ma per questi quattro amici fece un'eccezione: Bubi doveva restare vicino alla famiglia, gli altri tre erano anche studenti all'Università di Bologna in Scienze Politiche, Economia e Commercio e Medicina. Decise allora, ad experimentum, che frequentassero le lezioni al Seminario Regionale di Bologna e vivessero insieme in un appartamento in Via Mazzini, avendo come autorità il Rettore del Seminario di Rimini. Ogni settimana sarebbero tornati a Rimini per partecipare alle attività pastorali di quattro preti amici, che avevano in cura una nuova Parrocchia in zona Fiera: don Giancarlo, don Mario, don Domenico, don Enrico e avrebbero continuato a vivere insieme in una casa colonica di proprietà della Diocesi in zona Centro Studi - Colonnella.

In quel primo anno di Seminario la vita si svolgeva così: l'appartamento, ristrutturato, consisteva di tre camere, un bagno, una cucina e un ingresso. Non aveva ancora riscaldamento e Dio solo sa insieme a chi l'ha provato che cosa significhi l'inverno al freddo a Bologna; ma i quattro non se ne curavano molto: in due per camera, con sei coperte ciascuno sopra le lenzuola dormivano beati; nell'altra camera vegliava su di loro il Santissimo, in una specie di cappellina adornata solo dalla Sua presenza e dai quattro amici in silenzio.
Don Giancarlo si era raccomandato: "Fra voi non esistano ruoli". L'avevano preso tanto allegramente sul serio che a turno facevano anche da mangiare; qualcuno come Mimmo era bravo, qualcuno come Cecco ci provava inventando. Succedeva così che talora mangiassero bene, talora ripiegassero su cose alternative. Un quinto amico, affascinato dalla loro vita, aveva deciso di provare prima la leva militare ed era partito volontario nei paracadutisti. Entrerà in Seminario dopo il servizio militare, allora obbligatorio, e diventerà prete, conosciuto ai più come Doncla.
Ogni mattina, dopo la colazione, rigorosamente coperti da un eskimo verde, come usava fra i giovani del tempo partivano in "500" per il Seminario Regionale sul Colle di Barbiano, appena fori Bologna.
Avevano tutto in comune, presalario compreso e così affrontavano le varie spese. Il Rettore di Rimini aveva chiesto che fosse tenuto un registro per questo. Le spese erano tante e, per risparmiare, con la buona stagione pensarono bene di comperare quattro biciclette usate alla Montagnola, dove notoriamente si trovano, smarrite, rubate o ricostruite con pezzi provenienti da diversi cicli...e si prepararono ad affrontare la salita che portava alla scuola. Bastarono pochi giorni! Arrivavano sudati e trafelati, mentre la prima ora di lezione passava nel tentativo di recuperare le forze...Non so dove siano finite ora quelle biciclette; allora non uscirono più dalla cantina.

Attorno al tavolo della cucina, uno per lato, aperti i libri, studiavano teologia, filosofia, greco biblico, diritto canonico, ebraico... Due di loro provenivano dal Liceo Classico, due dall'Istituto Tecnico per Ragionieri e Geometri.
Bubi aveva chiuso i libri tre anni prima. Era il più volenteroso; ma dopo qualche ora accusava mal di testa. Chi capiva al volo, come Giona, aiutava gli altri. Chi aveva fantasia, ma non stava sul testo e chi arrancava in materie mai fatte seguivano a ruota. Il momento più bello di studio era quello con don Giancarlo: si affrontava l'ecclesiologia in Schlier, le lettere di San Paolo e si leggevano teologi come Von Balthasar. Don Giancarlo è sempre stato un maestro tenero e profondo.

Bubi era appassionato dell'ebraico, materia nuova per tutti loro e, anche al ritorno in treno, leggeva, ripeteva, con l'aiuto di carte, vocaboli ed espressioni nella lingua della Bibbia. Bubi ha sempre preso sul serio tutto quello che ha affrontato.

Gli esami del primo anno sono un'avventura per tutti. Le materie sono nuove e la preparazione di Bubi è quella di un bravo geometra. 

Qualche esame fila via liscio, qualche altro un po' meno, come quello di Filosofia moderna. Il geometri non filosofeggiano e dopo qualche domanda rabberciata arriva quella fatale. "Parlami di Wittgenstein. Come si chiama il suo sistema filosofico?" "Ah, sì - risponde Bubi, facendo una faccia strana - è quello dell'Empiriosincromatico". Il Prof. Carlin strabuzza gli occhi, non crede alle sue orecchie: "Empiriocriticismo vorrai dire..." Una risatina imbarazzata e l'esame è comunque passato.
Ma eccolo alle prese con il Diritto. Mons. Cocchi lo interroga: "Parlami del rapporto Chiesa - mondo nel Concilio Vaticano II" Bubi comincia a parlare della Chiesa. Fermato dopo qualche minuto, gli si ricorda di dover parlare del rapporto Chiesa-mondo. Bubi inizia a parlare del mondo. Mons Cocchi lo ferma ancora e lo invita a parlare del "rapporto" fra Chiesa e mondo secondo il Concilio e Bubi ricomincia a parlare della Chiesa. "Lo sai o non lo sai?" lo interrompe deciso il professore. "No" risponde onestamente Bubi. "Allora torna un'altra volta". Si rivolge poi all'amico Cecco lì presente: "Parlamene tu". "Torno anch'io la prossima volta". Buttati fuori entrambi. Ignoranti, ma amici!

Bubi a scuola

Bubi ha sempre frequentato volentieri la scuola con profitto e, allo stesso tempo, amava molto giocare soprattutto a calcio, passione che gli è rimasta e lo affascina tuttora da sessantenne. Da bambino e da ragazzino preferiva andare in giro nel pomeriggio e faceva i compiti la mattina presto, prima di andare a scuola. Racconta sempre che vedeva sua mamma uscire ancora col buio per andare a Messa in città ed era colpito dal suo volto quando ella rientrava. "Sicuramente questo ha inciso sulla mia vocazione" afferma spesso.
Da ragazzo frequenta l'Istituto Tecnico per Geometri ottenendo ogni anno la borsa di studio e si diploma nel 1967.
E' sempre stato molto affezionato ai compagni di scuola e cordialmente ricambiato.