mercoledì 12 giugno 2019

La preferita della Lella

Nel giorno di Pentecoste si sono sposati Fabio e Giovanna.
Quest'ultima, conosciuta da Don Stefano (Bubi) fin da piccola e figlia di cari amici, era la preferita della Lella.
Ecco l'omelia prinunciata in questa occasione:

OMELIA DON BUBI 9/06/19 MATRIMONIO DI GIOVANNA E FABIO
Sono secoli che riminesi e non riminesi vengono in questa chiesa per pregare la Madonna e chiedere a lei le grazie che servono alla vita. Questa chiesa solo poco tempo fa era deserta, ora è piena di gente che è stata convocata, ci siamo dati appuntamento qui per essere testimoni, per partecipare a questo gioioso momento del matrimonio di Fabio e della Giovanna. Siamo tutti in festa per loro che si sposano davanti alla Madonna, davanti al suo sorriso di tenerezza.
La Madonna guarda così, a voi e a tutti i vostri cari: genitori, familiari, amici, parenti, tutti quelli che sono venuti da vicino e quelli che sono venuti da lontano; Elisabetta, la sorella di Giovanna è venuta dall’America. Giusto, per una cosa così grande vale la pena. Giovanna e Fabio… che bellezza e che storia! Solo alcuni cenni che mi sono venuti in mente quando mi siete venuti a chiedermi di sposarvi.
Tu Giovanna sei sempre stata la preferita della Lella (Gabriella Ugolini Zanotti, la sorella di don Giancarlo Ugolini, fondatrice e anima per anni delle scuole della Karis, le scuole frequentate da Giovanna. ndr.) fin da bambini. Questo è molto significativo e dice moltissimo, perché la Lella era davvero una persona speciale. Nel 2005 quando Cecco ed io andammo in America invitati ad un matrimonio di amici ci ricordammo che tu eri a Boston a studiare con la Francesca di Cattolica e ci siamo detti: dobbiamo andare a salutarla. Da New York sono cinque ore di treno siamo venuti ad abbracciarti… Non c’è male come legame!
Un altro accenno su Fabio che ho conosciuto direttamente negli incontri di preparazione al matrimonio. Mi ha colpito la tua franchezza, la ricerca del vero e vedo ora che il tuo sposarti in chiesa è carico di consapevolezza, di gioiosa commozione… Carissimi tutti quanti qui presenti: questa loro decisione provoca, in senso buono, tutta la mentalità odierna… “Ma vi sposate? Ma scherzate? Ma non vedete come va oggi? I tempi sono cambiati e il legame matrimoniale non dura. E poi vi sposate in chiesa? Ma non vedete quanti tornano a casa loro?”
Ecco, chi pensa così io penso abbia dentro di sé un certo dolore, che viene così e fa male al cuore e sono convinto che, sotto sotto, ha una segreta invidia. Una invidia buona, una segreta speranza, un irresistibile desiderio che, lo scetticismo più bieco non riesce a soffocare, non riesce ad allontanare. Ma che cos’è questo desiderio di cui Dio vi e ci ha dotato creandoci? Di che si tratta? E’ un desiderio di essere amati perdutamente e di amare con un amore vero che regga l’urto del tempo; un amore vero di tenerezza, di fedeltà, di misericordia. Eternamente. Voi col vostro essere qui oggi di fronte all’altare ridestate il cuore di molti. La consistenza del vostro amore non è tanto nelle vostre capacità, che pure ci sono,  ma in un dono donato. La solennità di oggi, la Pentecoste (non a caso avete scelto per il vostro giorno questa solennità) è l’accadimento improvviso di un dono dall’alto. Si tratta di una storia che viene da lontano.

Cinquanta giorni dopo la prima Pasqua, Gesù era già salito al cielo. Gli apostoli con la Madonna erano asserragliati nel cenacolo per “timore dei giudei”, avevano ancora paura. Pensate proprio loro che avevano incontrato Gesù, che erano rimasti affascinati da lui, che avevano visto i suoi miracoli e che la loro fiducia in Lui era cresciuta di giorno in giorno, loro che avevano lasciato tutto per seguirlo… Pietro era arrivato a dire a Lui che aveva chiesto loro: ‘Volete andarvene anche voi?’ “Signore da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna”. Loro lo avevano visto morire crocifisso e che era apparso loro resuscitato e uno di loro, Tommaso, aveva voluto toccare la sua ferita nel costato e il buco dei chiodi. E poi, davanti all’evidenza aveva detto: “Signore mio, Dio mio”. Loro che sono stati ancora con lui quaranta giorni dopo la resurrezione eppure erano ancora impauriti. Come mai? E perché stavano nascosti, come se quello che avevano vissuto, che avevano visto e udito, non fosse bastato? Come se ci fosse ancora qualcosa che mancava.

Sì, era proprio così. Infatti Gesù, salendo al cielo, li aveva avvertiti: “Io vado al Padre e il Padre vi manderà uno Spirito  Paraclito, che rimarrà con voi per sempre. Lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto. Avevano proprio bisogno di quel dono, dello Spirito Santo, per sé e per la loro vita, per tutti e per il mondo. E quel giorno, nel giorno di Pentecoste, quel dono è accaduto. “Durante quel giorno si trovavano tutti insieme e venne all’improvviso dal cielo un fragore, come un vento che si abbatte impetuoso e riempì la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco che si vedevano e si posavano su ciascuno di loro e tutti furono pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in tante lingue, nel modo come lo Spirito dava loro di esprimersi”. Avevano ritrovato una certezza nuova, una baldanza prima sconosciuta: un cambiamento divino nella loro impaurita umanità. E da quel giorno non ci fu più paura per loro ma un coraggio da leoni. Nella familiarità con quella presenza hanno riempito il mondo dell’annuncio cristiano. Che umanità nuova! Che gioia! Che amore al prossimo! Per voi due, Fabio e Giovanna, oggi accade la stessa cosa che investì gli apostoli.

Nel vostro matrimonio, nel vostro amore accade questa presenza divina: lo Spirito Santo come quel giorno agli apostoli (e la sequenza che abbiamo ascoltato cantata dal coro la esprime così bene). La presenza divina inonda di sé la vostra nuova famiglia col dono dell’unità, dell’indissolubilità, della fecondità, della paternità e della maternità. Tutto questo accade ora qui e cresce in un cammino, com’è stato per gli apostoli e per i testimoni che, secolo dopo secolo, hanno vissuto così fino ad arrivare ai nostri genitori e poi a voi e a noi.

Il cammino esprime una fedeltà alla storia, alla storia di amici perché la chiesa è la storia di questa amicizia che, da quel giorno di Pentecoste, miracolosamente attraversa la storia umana per arrivare al bisogno di ogni uomo. E’ stato il Signore che vi ha fatto incontrare, che ha fatto in modo che vi innamoraste l’uno dell’altro, che vi ha fatto intuire un ‘per sempre’ di questo amore, la fierezza di questo amore; ed ora siete qui da protagonisti, ‘arresi’ davanti all’altare.
Voi siete la luce che risplende in un tempo di caduta, di smarrimento e di paura.
Voi siete strumento della ripresa dell’umano nel mondo d’oggi.
Si può vivere alla grande oggi grazie alla presenza di fronte alla quale avete detto il vostro sì. Siate riconoscenti verso i vostri genitori che vi hanno accolto e fatto crescere con amore e non vi hanno distaccato dalla chiesa secondo la modalità con cui v’è venuta incontro.
                                               
“Veni Santo Spirito, vieni per Maria”.


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