mercoledì 5 agosto 2015

Il bar del ghetto

E' sera. 
Per tutto il giorno la notizia si è diffusa e molte persone sono venute per partecipare al dolore della famiglia e farsi domande, per ricordare, confortarsi a vicenda, in silenzio, abbracciandosi, in piedi, guardando e pensando.
Tante gente si è radunata davanti al bar chiuso, nel cortiletto, fra i tavoli.
Bubi partecipa a suo modo. E' li con la sua gente. Sta. Non dice, non parla, non predica, come pure gli è tanto familiare per il suo "lavoro".
Operai, uomini rudi, donne lavoratrici, ognuno a suo modo. 
Alcuni cartelli ricordano Mario, un lenzuolo dipinto e scritto come si usa negli stadi di calcio "Nessuno muore sulla terra finché resta nel cuore di chi resta". Bubi sta lì.
Una ragazza si avvicina a lui:" Don, non ci fai dire una preghiera?" 
"Mah se volete..." risponde.
In silenzio la ragazza fa un giro fra tutti. 
All'improvviso tutti si fermano, si alzano in piedi e si voltano verso di lui.  
Bubi dice due parole e fa dire tre Ave Maria.
Bestemmiatori, comunisti, gente che non entra mai in una chiesa, risponde insieme, ciascuno coma sa.
Qualcuno chiede a tu per tu: "Don, io non sono sposato, ho una compagna, posso battezzare i miei figli? 
Uomini e donne e un uomo di Dio fra di loro, come una fiaccola che accompagna nel cammino di tutti e di ciascuno.
Che cosa è per Bubi anche la morte "brutta" di un amico? 
Cosa può fare Dio anche di questo avvenimento?.

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